UNA PASSIONE

“ridere così tanto”
musica e teatro nei luoghi dell’Olocausto

progetto artistico e drammaturgia Elena Bucci e Marco Sgrosso
ideazione e consulenza drammaturgica Gerardo Guccini

in scena Elena Bucci, Marco Sgrosso
al violino e alle tastiere Dimitri Sillato - al contrabbasso Felice Del Gaudio

disegno del suono Raffaele Bassetti - disegno luci Loredana Oddone - assistente all’allestimento Nicoletta Fabbri

Le belle bandiere in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione

27 gennaio 2016 - Arena del Sole, Bologna



I ricordi saranno preziosi. E sarà prezioso il tempo trascorso. (Krystyna Żywulska)
Dovevamo usare i mezzi a nostra disposizione, era così che potevamo rimanere in vita. (Moishe Pulaver)

Lisa Peschel, la ricercatrice che ha riscoperto i testi drammatici e di cabaret inscenati nel ghetto di Theresienstadt, riporta in Translating Laughter: A Cabaret from the Terezín Ghetto le reazioni di una sopravvissuta di ottantaquattro anni alla lettura d'un ritrovato cabaret cèco del 1944: “cominciò a ridere così tanto alle battute del copione da dover posare la testa sul tavolo per riprendere fiato”. Il cabaret di Theresienstadt non si basava su storielle, caratterizzazioni o apologhi, ma soprattutto su allusioni, riferimenti, doppi sensi e dialoghi a chiave. Scrive la Peschel: “Era pieno zeppo di riferimenti ad eventi specifici del ghetto”. I testi di Theresienstadt, così come le testimonianze sui momenti di teatralità dei lager, restituiscono voci che manifestano il persistere della vita e il suo appigliarsi, contro ogni avversità e sopraffazione, all'immaginazione, alle parole, alla memoria, alle abilità artistiche precedentemente acquisite. Attingendo alla ricchezza di questi ritrovati “poeti della vita”, da Moishe Pulaver a Krystyna Żywulska e a molti altri, ma anche all’avvincente racconto degli eventi di quel tempo e alla descrizione delle attività teatrali nel ghetto di Varsavia riportate dall’attore e regista Jonas Turkov, costruiamo una partitura di parole e musica per testimoniare di un teatro che esplode - segreto e necessario - nei luoghi della coercizione e dell’umiliazione. La metamorfosi scenica di una tragica realtà diventa strumento di protesta, resistenza e sopravvivenza della dignità contro la ferocia e la violenza. Si comincia proprio dalle poesie di Krystyna Żywulska, pseudonimo di Sonia Landau, prigioniera politica ebrea internata nel 1943 ed autrice dell’Effektenkammer, una raccolta di cinquantaquattro brevi composizioni in versi sulla vita nel lager, scritte “nel tentativo di alleviare la pena degli interminabili appelli” e dedicate alla kapò Wala Kostecka nel giorno del suo onomastico come tributo alla protezione ricevuta all’interno del lager. È una testimonianza che raccoglie tutti gli elementi di complessità e contraddizione di quel momento della storia che pare ciclicamente ripetersi pur declinando in modi diversi il medesimo orrore.

L'idea di questo lavoro nasce da una lettura svolta il 27 gennaio 2015 nell'ambito della stagione del Centro Teatrale la Soffitta. Ringraziamo Marco De Marinis e Gerardo Guccini per questo primo impulso e Lucia Serena Blandolino e Edyta Scibior per l'appassionata opera di documentazione.