regia Elena Bucci
collaborazione artistica Domenico Ammendola
con Andrea Avanzi, Matteo Baschieri, Mattia Biasotti, Sabina Borelli, Silvia Gandolfi, Paolo Zaccaria
drammaturgia sonora Raffaele Bassetti - scene e costumi NoveTeatro - tecnico luci Gabriele Orsiniproduzione NoveTeatro
debutto: 15-17 dicembre 2023, Teatro Pedrazzoli, Fabbrico (RE)
La
vicenda è ambientata in Olanda, dove Monsieur Filiberto, ricco
mercante, ospita presso casa sua Monsieur de la Cotterie, un giovane
militare francese ferito in guerra.
Il giovane si innamora della figlia del mercante, Giannina, che ricambia il suo amore.
La ragazza non vuole che il padre scopra la loro relazione, per paura di un suo diniego, così escogiterà un modo per imbrogliare Filiberto in un “curioso accidente” che le permetterà di sposare il suo innamorato.
Il giovane si innamora della figlia del mercante, Giannina, che ricambia il suo amore.
La ragazza non vuole che il padre scopra la loro relazione, per paura di un suo diniego, così escogiterà un modo per imbrogliare Filiberto in un “curioso accidente” che le permetterà di sposare il suo innamorato.
Note di regia per un viaggio nel tempo
Il nostro paese è meraviglioso e non smette di stupirmi. Ogni sua regione rivela angoli inaspettati che raccontano storie infinite. Ho sempre immaginato che ogni luogo, ogni teatro e ogni piazza potessero esprimere il loro estro e la loro cultura e allo stesso tempo collegarsi al mondo attraverso il lavoro di lavoratori, artigiani, istituzioni, artisti e compagnie. Ho sognato che l’arte di qualità si potesse e dovesse fare ovunque e non soltanto nelle grandi città. Ho lavorato a lungo per mettere alla prova questo mio desiderio, creando gruppi, riaprendo spazi della memoria dimenticati attraverso il teatro, collegando il mio lavoro artistico con la costruzione di progetti culturali nei territori.
Così, quando Noveteatro mi ha invitato a collaborare alla creazione dello spettacolo ‘Un curioso accidente’ dal testo di Carlo Goldoni, ho subito accettato, sull’onda della curiosità, dell’entusiasmo e della stima. Avevo potuto apprezzare la loro capacità di coniugare slancio artistico, cura dell’umano e ricerca della qualità, innestandosi in questa terra viva e solidale, piena di talenti, ricchezze e domande.
Il nostro paese è meraviglioso e non smette di stupirmi. Ogni sua regione rivela angoli inaspettati che raccontano storie infinite. Ho sempre immaginato che ogni luogo, ogni teatro e ogni piazza potessero esprimere il loro estro e la loro cultura e allo stesso tempo collegarsi al mondo attraverso il lavoro di lavoratori, artigiani, istituzioni, artisti e compagnie. Ho sognato che l’arte di qualità si potesse e dovesse fare ovunque e non soltanto nelle grandi città. Ho lavorato a lungo per mettere alla prova questo mio desiderio, creando gruppi, riaprendo spazi della memoria dimenticati attraverso il teatro, collegando il mio lavoro artistico con la costruzione di progetti culturali nei territori.
Così, quando Noveteatro mi ha invitato a collaborare alla creazione dello spettacolo ‘Un curioso accidente’ dal testo di Carlo Goldoni, ho subito accettato, sull’onda della curiosità, dell’entusiasmo e della stima. Avevo potuto apprezzare la loro capacità di coniugare slancio artistico, cura dell’umano e ricerca della qualità, innestandosi in questa terra viva e solidale, piena di talenti, ricchezze e domande.
Che cosa ha da dirci oggi, qui, Carlo Goldoni? Moltissimo. Come tutti coloro che chiamiamo ‘classici’, ha creato un’opera che resiste al tempo, rinnovandosi ad ogni lettura, ad ogni generazione. Ci parla di illusioni ed emozioni di tutti. Ci fa riflettere su quanto manipolazione, verità e bugia si intreccino negli affetti e nelle relazioni. Ci fa ridere e sorridere delle debolezze e dei difetti nostri e altrui. Ce ne innamora. Non è forse questa una bella capacità dell’arte e di tutto quello che chiamiamo amore?
Certo oggi ci potrebbe sembrare del tutto superata la situazione nella quale un padre si occupa del matrimonio della figlia, ci potrebbero risultare anacronistiche alcune questioni intorno alla morale e al costume, ci potrebbero sembrare risolte alcune domande sul comportamento decoroso o meno degli innamorati e ormai emancipati i servi, con tutte le loro trepidanti domande sul futuro, dal destino dei padroni.
Ma ne siamo proprio sicuri? Se scrutiamo nel profondo del nostro cuore, se rivolgiamo lo sguardo a ieri, se ricordiamo i nostri sospiri e stupori di adolescenti, le nostre preoccupazioni di genitori o educatori, le nostre paure da adulti, non ritroviamo le stesse emozioni? Se allarghiamo lo sguardo ad altre culture, lontane e ormai vicinissime, non ritroviamo quello che eravamo, quello che potremmo essere domani, aspetti che ci inteneriscono e che ci spaventano?
Goldoni, con la sua capacità di osservare e riportare il vero attraverso lo specchio iridescente dell’arte, ci parla come se fosse qui, miracolo del teatro.
In più, scrive pensando ai grandi artisti di quel tempo, attrici e attori di straordinaria abilità e inventiva che sapevano incantare il pubblico con il loro virtuosismo. Di loro ci racconta attraverso le sue pagine che risultano così vivide proprio perché rubate, almeno in parte, da quanto accadeva in scena, quasi fossero una fotografia di quel tempo. Goldoni ha voluto innestare il talento pazzo e a tratti disperso di quei grandi artisti su una storia che raccontasse la vita di ogni giorno con tali accenti di verità da risultare eterna.
Passare questi giorni di novembre e dicembre dentro un teatro, mentre il mondo fuori ci pare sempre più disorientato, è stato un grande privilegio. Per me attraversare questo testo di Goldoni con artisti e collaboratori capaci, sinceri e generosi, significa riflettere su cosa significhi prendersi cura di un patrimonio di cultura e bellezza lasciatoci in eredità dalla storia e assumersi la responsabilità della potenza rivoluzionaria delle arti nel presente e nel futuro. Adesso più che mai, questa scintillante e trepidante ‘ora sulla scena’ mi pare una ricchezza da difendere, uno dei pochi momenti nei quali una comunità si unisce nello stesso respiro, nella stessa speranza, mescolando domande, paura e desiderio. Una luce sempre accesa per chi cerca. (EB)
Certo oggi ci potrebbe sembrare del tutto superata la situazione nella quale un padre si occupa del matrimonio della figlia, ci potrebbero risultare anacronistiche alcune questioni intorno alla morale e al costume, ci potrebbero sembrare risolte alcune domande sul comportamento decoroso o meno degli innamorati e ormai emancipati i servi, con tutte le loro trepidanti domande sul futuro, dal destino dei padroni.
Ma ne siamo proprio sicuri? Se scrutiamo nel profondo del nostro cuore, se rivolgiamo lo sguardo a ieri, se ricordiamo i nostri sospiri e stupori di adolescenti, le nostre preoccupazioni di genitori o educatori, le nostre paure da adulti, non ritroviamo le stesse emozioni? Se allarghiamo lo sguardo ad altre culture, lontane e ormai vicinissime, non ritroviamo quello che eravamo, quello che potremmo essere domani, aspetti che ci inteneriscono e che ci spaventano?
Goldoni, con la sua capacità di osservare e riportare il vero attraverso lo specchio iridescente dell’arte, ci parla come se fosse qui, miracolo del teatro.
In più, scrive pensando ai grandi artisti di quel tempo, attrici e attori di straordinaria abilità e inventiva che sapevano incantare il pubblico con il loro virtuosismo. Di loro ci racconta attraverso le sue pagine che risultano così vivide proprio perché rubate, almeno in parte, da quanto accadeva in scena, quasi fossero una fotografia di quel tempo. Goldoni ha voluto innestare il talento pazzo e a tratti disperso di quei grandi artisti su una storia che raccontasse la vita di ogni giorno con tali accenti di verità da risultare eterna.
Passare questi giorni di novembre e dicembre dentro un teatro, mentre il mondo fuori ci pare sempre più disorientato, è stato un grande privilegio. Per me attraversare questo testo di Goldoni con artisti e collaboratori capaci, sinceri e generosi, significa riflettere su cosa significhi prendersi cura di un patrimonio di cultura e bellezza lasciatoci in eredità dalla storia e assumersi la responsabilità della potenza rivoluzionaria delle arti nel presente e nel futuro. Adesso più che mai, questa scintillante e trepidante ‘ora sulla scena’ mi pare una ricchezza da difendere, uno dei pochi momenti nei quali una comunità si unisce nello stesso respiro, nella stessa speranza, mescolando domande, paura e desiderio. Una luce sempre accesa per chi cerca. (EB)