una partigiana tra Russi e Roma
di e con Elena Bucci
musiche originali dal vivo Marco Zanotti
drammaturgia e cura del suono Raffaele Bassetti - disegno luci Daria Grispino
una produzione Le belle bandiere, con il sostegno di Pro Loco Russi, ANPI, Porta Nova, SPI-CGIL
con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi
grazie ad Angelo Fanton per il contributo alla drammaturgia e a Riccardo Morfino per notizie e materiali
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Tosca è entrata subito, con la sua voce, i silenzi, il suo passo ardito e la sua bicicletta, in quella ideale galleria di ritratti che con gratitudine dedico a coloro che, in ogni tempo, hanno rischiato la vita per la libertà di tutti. È lì, fiera, con la sua passione generosa, con il suo coraggio, accanto a vivide ombre di donne e uomini che hanno detestato guerre e dittature e hanno lottato perché esistessero la nostra stupenda Costituzione e un lungo periodo di pace e democrazia. Per gli strani scherzi della memoria, rischiava di essere dimenticata nonostante il suo valore, ma la scia di ammirazione e affetto che ha lasciato ce la riporta qui. Me la immagino mentre ci interroga: come mai non credete più nel voto? Come mai rinascono le dittature, si moltiplicano le guerre e i contrasti tra razze, culture, religioni diverse? Come mai non si trova una via per vivere in pace rispettando i diritti delle persone e la vita del pianeta? Dove avete smarrito la vostra forza? Perché vi rassegnate?
Tosca
Casadio nacque a Russi in una famiglia di orientamento anarchico. Si
trasferì a Roma negli anni ’20, dove lavorò come commessa in un negozio
di piazza Zanardelli.
Durante l’inverno del 1943, Tosca fu una
figura chiave della Resistenza romana: per Pajetta, che era stato
nascosto a casa sua, per Longo, Ingrao, Labò, Marisa Musu e gli altri
compagni, era la «gappista di Borgo». Per gli ebrei e tutti quelli che
si nascondevano, era quella che sapeva con un brevissimo anticipo, dove
erano programmati i rastrellamenti nei quartieri Prati e Trionfale, e
arrivava in bicicletta per dare l’allarme.
Dopo la Liberazione,
continuò a sostenere il Partito Comunista e la comunità: gestì la mensa
dei reduci e, grazie a Nenni e Togliatti, ottenne la licenza per
un’edicola sul Lungotevere, che gestì per anni con grande
determinazione, affrontando anche intimidazioni politiche e controlli.
Non rinnovò più la tessera del Partito dopo l’invasione della
Cecoslovacchia del 1968, ma continuò a essere memoria storica della
Resistenza, il senso del dovere e la necessità di lottare per la
giustizia rimasero sempre forti in lei.
Morì nel 1974 nella casa di
riposo di Mentana, senza vedere riconosciuti pubblicamente il suo
impegno e il suo ruolo nella Resistenza.

