Per me il teatro - parlo del teatro vivo, fatto da persone che ci
credono - è uno strumento spietato e amorevole per sventare le bugie e
le maschere.
Il teatro mi ha folgorato molto prima che ne arrivasse la consapevolezza
quando, a me ignorantissima, seduta in platea grazie ad un abbonamento
d’altri trafugato, ha rivelato un mondo oscuro e ricco, dove le
inquietudini, le domande, l’insoddisfazione per la quotidianità erano
non solo accolte, ma amate.
Quando si è trattato di scegliere una vita, nonostante nessuno se lo aspettasse e forse nemmeno io, non ho potuto fare altro che rincorrere quel precario luogo che è il teatro, sperando di intravedere ancora i bagliori di verità che le parole, da sole, non bastano a dire.
Così, quando lavoro e ancora di più quando lavoro con altri e li osservo lottare contro le abitudini e le vie più facili, non smetto, dopo tanti anni, di commuovermi nel vedere gli attori così nudi e coraggiosi, con tutte le loro manie e al di là di qualsiasi risultato.
Il coraggio della nudità sospende per un poco il tempo, crea un’emozione che ha il potere di scagliare noi e chi ha voglia di fare il pubblico davvero, in un sistema infinito di possibili verità dove c’è posto per tutti e tutto, per qualsiasi nefandezza o atto sublime.
Come quando vediamo affiorare nel contegno degli adulti quei tratti ribelli di quando erano bambini… che sollievo poter giocare sul serio, ritrovarsi stupiti.
A volte ho l’impressione di scorgere anime e la grande strada che possono fare.
Sembra retorica ed invece è tutto vero, ne ho avuto la prova lavorando con le persone più diverse, in luoghi abbandonati, andandomi a cercare, quasi per sfida, ambienti privi di qualsiasi cultura teatrale.
La pratica del teatro, nel tempo, mi ha insegnato anche ad essere libera e ad avere a che fare con la paura, ‘che mangia l’anima’. Piano piano, impadronendomi degli strumenti necessari, imparando ad abbandonarli quando diventavano una prigione, ho sentito che il teatro si può fare ovunque e comunque, liberi di scegliere se adulare o irridere il potere che, per sua natura, ama maschere e bugie.
Come tutti sanno, è un lavoro che non resta, che non si può mostrare dopo anni, che vive in chi è vivo e nel ricordo. Mi piace molto questa dispersione da cicala, questo buttare al vento in un attimo, tutto quello che si ha e si può. Mi sembra di vivere accanto alla morte, e, con tutta la paura che ci fa, le faccio lo sgambetto, rimando l’appuntamento e rido.
Non so dire altro, in breve, di un lavoro tutto fatto di particolari, di persone, tanto concreto da sembrare bisognoso di tutto e tanto magico da poter essere fatto di niente.
‘Un mestiere tutto fatto di parole…’ dice la Duse, ma anche di tanto silenzio e ascolto e - sì lo dico - amore, materia rara e disprezzata… o no?
Quando si è trattato di scegliere una vita, nonostante nessuno se lo aspettasse e forse nemmeno io, non ho potuto fare altro che rincorrere quel precario luogo che è il teatro, sperando di intravedere ancora i bagliori di verità che le parole, da sole, non bastano a dire.
Così, quando lavoro e ancora di più quando lavoro con altri e li osservo lottare contro le abitudini e le vie più facili, non smetto, dopo tanti anni, di commuovermi nel vedere gli attori così nudi e coraggiosi, con tutte le loro manie e al di là di qualsiasi risultato.
Il coraggio della nudità sospende per un poco il tempo, crea un’emozione che ha il potere di scagliare noi e chi ha voglia di fare il pubblico davvero, in un sistema infinito di possibili verità dove c’è posto per tutti e tutto, per qualsiasi nefandezza o atto sublime.
Come quando vediamo affiorare nel contegno degli adulti quei tratti ribelli di quando erano bambini… che sollievo poter giocare sul serio, ritrovarsi stupiti.
A volte ho l’impressione di scorgere anime e la grande strada che possono fare.
Sembra retorica ed invece è tutto vero, ne ho avuto la prova lavorando con le persone più diverse, in luoghi abbandonati, andandomi a cercare, quasi per sfida, ambienti privi di qualsiasi cultura teatrale.
La pratica del teatro, nel tempo, mi ha insegnato anche ad essere libera e ad avere a che fare con la paura, ‘che mangia l’anima’. Piano piano, impadronendomi degli strumenti necessari, imparando ad abbandonarli quando diventavano una prigione, ho sentito che il teatro si può fare ovunque e comunque, liberi di scegliere se adulare o irridere il potere che, per sua natura, ama maschere e bugie.
Come tutti sanno, è un lavoro che non resta, che non si può mostrare dopo anni, che vive in chi è vivo e nel ricordo. Mi piace molto questa dispersione da cicala, questo buttare al vento in un attimo, tutto quello che si ha e si può. Mi sembra di vivere accanto alla morte, e, con tutta la paura che ci fa, le faccio lo sgambetto, rimando l’appuntamento e rido.
Non so dire altro, in breve, di un lavoro tutto fatto di particolari, di persone, tanto concreto da sembrare bisognoso di tutto e tanto magico da poter essere fatto di niente.
‘Un mestiere tutto fatto di parole…’ dice la Duse, ma anche di tanto silenzio e ascolto e - sì lo dico - amore, materia rara e disprezzata… o no?