di William Shakespeare
progetto, interpretazione ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso
con Marco Sgrosso (Sir Macbeth), Elena Bucci (Lady Macbeth), Vladimir Aleksic (Ecate), Gaetano Colella (Duncan, Portiere,
Maria), Marco D'Amore (Seyton, Drama), Andrea De Luca (Macduff,
Caterina), Massimo Di Michele (Malcolm, Ermelina), Roberto Marinelli
(Banquo, Amanda)
progetto luci Maurizio Viani - costumi Andrea Stanisci - assistenti
all'allestimento Paola Bartoli, Francesco Ghiaccio,
Paolo Gorietti - datore luci e direzione tecnica Loredana Oddone -
fonico Max Mugnai - macchinista Giovanni Macis - sarta Marta Benini -
assistente costumi Sofia Vannini - fotografie di scena Tommaso Le Pera,
Luigi Angelucci, Piero Vitali - ufficio stampa Bianca Simoni -
organizzazione Paola Bartoli - distribuzione Emilio Vita
produzione CTB Teatro Stabile di Brescia - Le belle bandiere - Provincia di Macerata Terra di Teatri e in collaborazione con AMAT e Comune di Russi
spettacolo candidato al Premio Eti Olimpici per il
Teatro anno 2007 come migliore spettacolo d'innovazione e al Premio Biglietto d'oro del Teatro - AGIS
prima nazionale: 13 novembre 2005, Teatro Nicola Vaccaj, Tolentino Festival Terra di Teatri
anteprime:
31 agosto 2005 Opera Festival di Bassano del Grappa, 8 settembre 2005
Festival Città Spettacolo di Benevento, 10 e 11 novembre 2005 Teatro
Comunale di Russi
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Come spesso accade per le opere grandi, 'Macbeth' vola attraverso
il tempo e sembra scritto per noi, che viviamo sgomenti la
legittimazione della corsa al potere, la bulimia verso i beni
materiali e il vuoto creato dal rapido mutamento dei valori e del
senso dei patti umani e sociali.
L'atmosfera è densa di ombre, scivolosa, in continuo mutamento.
Si naviga in un mondo intessuto di menzogne, dove la verità deve
travestirsi da bugia oppure da sogno per continuare ad esistere.
Si ascolta il mormorio di forze non sempre comprensibili,
riflesso di un'interiorità che si rivela con imprevista urgenza,
mentre l'intelaiatura degli eventi chiama ogni destino al suo
compimento.
Cosa sono le parole delle Streghe – misteriose medium tra il
mondo reale e l'universo delle possibilità – se non verità che si
trasformano in bugie e viceversa, a seconda della coscienza o della
volontà di chi ascolta?
Una volta compiuto l'atto che scardina tutti i valori,
l'assassinio del Re, Sir and Lady Macbeth non riescono più ad
intessere la tela di appuntamenti col futuro che costruiscono i regni
e le utopie.
Il desiderio del potere e la paura di perderlo li proiettano per
sempre nel passato, senza possibilità di trasformazione.
La disperata ricerca del sonno e della quiete si traduce nella
costrizione ad uccidere e a distruggere.
Motori dell'azione di questa tragedia degli opposti, essi sono
sterili, senza luogo, sospesi tra la notte e il giorno, tra il sonno
e la veglia, incapaci di arginare il mormorio della coscienza e del
mondo delle Streghe, che assistono impotenti e dolorose al
manifestarsi delle scelte umane.
Se la vita si rivela insensata e popolata di ombre, il sonno -
momentaneo abbandono ad una morte apparente che rigenera - diventa
impossibile. Si deve sempre vegliare e sempre sorvegliare, fino a
diventare spettri in un universo popolato di spettri. Morti in vita.
Vampiri.
Questo testo, con il suo ritmo incalzante da 'noir' ed echi
profondi come le parole di un maestro, è diventato per noi l'incubo
di Sir and Lady, di volta in volta raccontato e vissuto.
La sua ambiguità mutevole ha segnato anche la nostra lettura e il
nostro modo di lavorare. Cercando di dimenticare quello che pensavamo
di sapere, attraverso l'improvvisazione e la riscrittura, e grazie ad
una grande coesione della compagnia, ci sembra di scoprire ad ogni
replica altri sensi e punti di vista, pur rispettando la struttura
della storia.
Così, da un clima di racconto popolare – ricordo delle recite
in piazza – si scivola verso una continua trasformazione degli
attori, che passano attraverso le Streghe e ai personaggi fino a
giungere ad una nuda azione corale.
La scena è sospesa nel vuoto, segnato da un trono più simile ad
uno strumento di tortura che ad un simbolo di felicità, da quattro
panche e dai riflessi di luce in movimento di Maurizio Viani: un
castello, una landa, la paura, il deserto, la morte, il mare, un
sogno, l'ossessione.