LETTERE AL MONDO

una lettura in duo

ideazione e progetto Elena Bucci
regia, drammaturgia e interpretazione Elena Bucci e Marco Sgrosso

cura del suono e musiche Raffaele Bassetti - luci Max Mugnai - assistente alla produzione Nicoletta Fabbri

produzione Le belle bandiere con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, Comune di Russi

debutto: 9 luglio 2020, Spazio Teatro No'hma, Milano

Ci sorprendiamo spesso a monologare in dialogo con il mondo: con popoli lontani, con il nostro, con i politici, con gli scrittori, con gli artisti, con le persone amate, vive e morte, immaginiamo pensieri e parole di chi non ha potuto e non può esprimersi. Cresce sempre più il desiderio di raccontare e testimoniare, non esimersi, sperando che anche le nostre note possano servire a ritrovare l’armonia della musica del globo. In questo momento tanto delicato del nostro cammino, dove ci pare che le scelte di ogni individuo possano inclinare da una parte o dall’altra la bilancia che regola la vita stessa del pianeta, scriviamo attraverso il tempo e lo spazio le nostre lettere al mondo piene di domande, a più voci, danzando, cantando, per colmare silenzi nostri e altrui, per trasformare in drammaturgia le riflessioni e le domande sul passato e sul futuro del mondo che ci rigenerano e ci chiariscono il cammino.
Nelle lettere trovano posto i nostri applausi di spettatori incantati dalle meraviglie che ogni giorno si manifestano ai nostri occhi, se solo ci concediamo il tempo di guardarle, fosse anche il tempo di una clausura forzata che diventa creativa, il dialogo ininterrotto con le persone, con il mondo naturale e con quello costruito dall’uomo, il rammarico inquieto per le ferite che riusciamo ad infliggere alla nostra stessa casa e ai nostri fratelli, le domande alla storia, alla politica e agli stessi artisti.
Cosa può la nostra mite, anacronistica e fragile arte contro l’avidità senza misura, contro l’ingiustizia e la violenza? Cosa deve inventare, cosa può scrivere nella sua lettera al mondo che apra alla speranza?
Immaginiamo di costruire una navicella per viaggiare nel tempo e nello spazio e arrivare ad interrogare i fantasmi, le presenze leggere, i vivi e i morti.
Ci hanno risposto molte voci, sussurrando, cantando, danzando.
Incontriamo i teatranti di un tempo, dai sacri officianti in coturni, ai poliedrici comici dell’arte fino alle compagnie all’antica italiana di ieri, che ci parlano del teatro come luogo insostituibile di elaborazione collettiva del pensiero e delle emozioni, artisti illustri che attraverso la loro opera e la loro vita ci illuminano la strada e persone che non hanno mai avuto fama né voce, ma la cui vita coraggiosa è un atto di poesia concreta. (EB)

Sinossi
Come accadde al tempo del Decamerone, come accadde in molte altre epoche, un virus sconosciuto e mutevole minaccia la comunità. Per la prima volta però, è tutto il pianeta ad essere minacciato, complici la globalizzazione, la vertiginosa velocità degli spostamenti e le caratteristiche dell’economia attuale.
Il virus rivela le piaghe di un mondo consumista e conformista già molto malato e ci si ritrova a un bivio: o continuare, in nome di un dubbio progresso e di una discutibile produttività, a spogliare e distruggere il pianeta delle sue ricchezze a vantaggio di pochi e nella miseria di molti, o ci si accorda per cominciare un meraviglioso progetto di cambio di rotta, per concertare il disegno di una diversa economia, di città verdi e sane, di una solidarietà tra tutto ciò che vive mai sperimentata prima.
Tutti gli artisti sono privati dei luoghi di lavoro, i teatri chiusi, tutti i progetti sono stati annullati. Dalla clausura, diventata creativa, con lo sguardo più limpido perché libero dall’affastellarsi degli impegni, qualcuno scrive le sue lettere al mondo. Vi risuonano speranza, consapevolezza, ricordi, ritratti, dialoghi, echi di film, romanzi, scritti di scienziati e di economisti. Si ferma la crudele e pura visione di questo tempo sospeso e separato, dove sono più evidenti le manipolazioni di pubblicità e informazione e le pressioni di aspettative e compiti. L’utopia chiede il suo spazio.