progetto Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia Elena Bucci
con la collaborazione di Marco Sgrosso
con Elena Bucci, Marco Sgrosso e Gaetano Colella
traduzione Alessandra Serra - luci Loredana Oddone - drammaturgia del suono e registrazioni Raffaele Bassetti / Franco Naddei - collaborazione al progetto Nicoletta Fabbri - costumi Nomadea e Marta Benini - foto Gianni Zampaglione, Patrizia Piccino
una produzione Centro Teatrale Bresciano in collaborazione con Le belle bandiere
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di Julia Tyrrell Management
debutto: 29 gennaio 2026, Teatro Filodrammatici, Milano
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Rileggendo oggi questo testo, lo sguardo si allarga al mondo intero, mentre si moltiplicano governi autoritari che faticano a dialogare tra loro e si sfalda la memoria anche dei più recenti crimini contro l’umanità.
La casa isolata e sospesa tra mare e cielo dove si svolge la vicenda, sembra molto vicina.
Proprio lì, in una notte di pioggia, Paulina Salas attende il marito, Gerardo Escobar, di ritorno da un importante incontro politico che gli varrà un incarico di prestigio e di grande responsabilità nel nuovo governo democratico: è stato invitato a presiedere la commissione di indagine sui crimini della dittatura. Gerardo porta con sé uno sconosciuto, Roberto Miranda, che lo ha soccorso per un guasto alla macchina. Nel clima disteso generato dal nuovo respiro di speranza che permea tutto il paese, è naturale invitarlo in casa prima che riprenda il suo viaggio, nonostante l’ora e il luogo isolato. Miranda rifiuta, ma tornerà. Un incontro casuale innesca un viaggio nel tempo nel quale si rivelano traumi irrisolti, ombre e segreti nelle relazioni, sotterranee e impreviste ragioni che possono trasformare in vittime o carnefici, traditi o traditori.
Le domande intorno a giustizia, verità e vendetta risuonano come echi di antiche tragedie.
Si incrina la superficie della realtà per fare emergere incubi, sogni e speranze, si apre un varco tra passato e presente, tra vivi e morti. Rivolgiamo il pensiero alle dittature del secolo scorso, alle tragiche ripetizioni della storia, al pericolo delle lusinghe del potere, alla lotta tra memoria e oblio.
Quello che accade in quella pacifica casa sul mare evoca stadi affollati di prigionieri, tribunali, camere di tortura, un’antica città costruita sulla necropoli, le attuali guerre e dittature.
Attraverso la molteplicità dei suoi codici il teatro scardina le abitudini percettive per offrire nuovi punti di vista e diventa strumento di emozione e conoscenza. Passiamo dalla sceneggiatura cinematografica al testo teatrale, sospendendo a tratti il ritmo serrato del racconto per rivolgerci al presente. Le voci si moltiplicano in un’architettura sonora di echi, registrazioni, melodie accennate che corrodono la compattezza dei ‘personaggi’ rendendoli permeabili gli uni agli altri. Si rompe il silenzio che deriva da antiche ferite, dalla paura e dalla incapacità di guardare l’orrore dentro e fuori di sé. Da una sola storia se ne levano molte altre che rivelano a loro volta infinite memorie e testimonianze. Riusciremo a non ripetere gli stessi errori?
Ariel Dorfman è nato in Argentina nel 1942. Trasferitosi in Cile, scampò all'arresto durante il regime di Pinochet e riuscì a fuggire rocambolescamente dal paese, come viene raccontato nel documentario A Promise to the Dead: the Exile Journey of Ariel Dorfman, premiato nel 2008 al Toronto Film Festival. Attualmente vive in Cile e negli Stati Uniti, dove insegna alla Duke University. La morte e la fanciulla ha avuto repliche in tutto il mondo. Roman Polanski, nel 1994, ne ha tratto l'omonimo film con Sigourney Weaver, Ben Kingsley e Stuart Wilson.



