IL MERCANTE DI VENEZIA

di William Shakespeare
elaborato e diretto da Elena Bucci, Stefano Randisi, Marco Sgrosso, Enzo Vetrano

a Venezia: Federigo Ceci (Antonio, mercante); Marco Sgrosso (Bassanio, suo amico); Antonio Alveario (Graziano); Andrea Benedet (Lorenzo); Enzo Vetrano (Shylock, un ebreo); Chiara Gai (Jessica, sua figlia); Stefano Randisi (Lancillotto Gobbo, clown); Enzo Vetrano (Vecchio Gobbo, suo padre)
a Belmonte: Elena Bucci (Porzia, signora di Belmonte); Margherita Smedile (Nerissa, ancella di Porzia); Marco Sgrosso (Principe del Marocco, Principe di Aragona)

luci Maurizio Viani - costumi Ursula Patzak - maschere Stefano Perocco di Meduna - assistente alla regia Lorenza Ghini - direttore di scena Giuliano Toson - suono Yannick De Sousa Mendes - datore luci Gianluca Bergamini - organizzazione Emilio Vita

Le belle bandiere - Diablogues in coproduzione con Teatro de Gli Incamminati di Milano e Teatro Ebe Stignani di Imola

debutto: 23 ottobre 2001, Teatro Ebe Stignani, Imola (BO)
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Dopo Pirandello e Molière, Shakespeare.
Ancora una volta ci siamo resi conto di quanto sia intrigante e fertile la rilettura dei classici, e di quanta luce riescano a dare dal loro vivo passato al nostro confuso presente quando siano così ricchi di trappole e domande come questo "Mercante di Venezia".
A Venezia – città di mercanti, emblema di un mondo concreto basato sul potere e sul commercio – fa capo l'intreccio del patto 'sanguinario' tra l'usuraio ebreo Shylock, animato da una sete inestinguibile di vendetta dovuta agli affronti subiti per la sua avidità e 'diversità', ed il mercante cristiano Antonio, uomo 'nuovo' di una società borghese ed affaristica, intriso di nobili sentimenti ma afflitto da una inesauribile malinconia esistenziale.
Per contro Belmonte è l'universo mitico, sprofondato in un clima da romanzo cavalleresco tra fiaba e realtà, in cui si sviluppa la vicenda delle nozze di Porzia, maga-regina a metà tra una languida Ginevra e una crudele Turandot, legata dalla volontà del padre a sposare il 'cavaliere' che supererà la prova dei tre scrigni.
Anello di congiunzione tra questi due universi opposti destinati ad incontrarsi e a deflagrare, è Bassanio, gentiluomo squattrinato, che è al tempo stesso causa dell'infido contratto che lega la carne di Antonio all'inveterato odio di Shylock e sposo 'predestinato' di Porzia.
Su queste due 'trame' principali, si innestano le storie parallele, quella di Jessica, figlia di Shlylock, che scappa dalla casa del padre, rinnegandolo e derubandolo, con l'amante cristiano Lorenzo; quella di Lancillotto Gobbo, servo deforme ed impiccione che non esita a barattare la 'ricchezza' del vecchio padrone ebreo con la 'grazia' del nuovo signore cristiano; quella del gaudente e sfaccendato Graziano che, giunto con l'amico a Belmonte, sposerà l'ancella Nerissa, ribaltando in tono scherzoso il romanticismo simbolico dell'unione tra Porzia e Bassanio.
Quello che più ci ha affascinato nel "Mercante" è stata la sua profonda ambiguità, il delicatissimo equilibrio di opera in bilico tra intolleranza e razzismo, senso dell'etica e denuncia delle false apparenze.
È un testo difficile e misterioso, che costringe a un'avventura sincera e senza possibilità di fuga e ci mette di fronte alla complessa contraddittorietà dell'umano, alla sua incapacità di costruire un mondo adeguato ai suoi struggenti desideri.
Il mondo concreto di Venezia si contrappone al mondo mitico di Belmonte, ma i problemi degli uomini e delle donne che li abitano sono gli stessi: la malinconia d'amore, il valore del denaro che non basta a riempire la vita, il dilemma della scelta del proprio destino, la ricerca disperante di un equilibrio impossibile e di un'indefinibile felicità.
Sia la ricca Venezia che la sognante Belmonte diventano trappole con percorsi obbligati che, nonostante l'apparente lieto fine, sono disseminati di presagi verso un inevitabile crollo.
E via via che gli universi paralleli si intrecciano, rivelandosi l'uno specchio dell'altro – pur nello scontro di climi e atmosfere divergenti –, ogni certezza presunta comincia ad incrinarsi e a mostrare un'altra possibile valenza, mentre si svela il carattere doppio o sfuggente di quasi tutti i personaggi.
Gli 'eroi' rivelano le proprie debolezze e i 'malvagi' sanno spiegare le ragioni dell'odio, che sempre nasce da violenze reciproche, a turno inflitte e subite.
Tutti – giovani innamorati e nobili gaudenti, mercanti cristiani e usurai ebrei, belle ereditiere e servi deformi – si preoccupano della propria sopravvivenza e della propria felicità, difendendo con feroce determinazione il proprio ideale di vita come l'unico possibile, calpestando la tolleranza e confidando ciecamente nel potere del denaro.
Così Bassanio, amante del rischio e in fragile equilibrio tra passione e interesse, appare fortemente ambiguo nel rapporto con Antonio e con Porzia, e – con un voluto richiamo alla novella italiana da cui Shakespeare trasse l'argomento del "Mercante" – fallisce le prime due prove mascherato nei panni dei principi pretendenti che lo precedono a Belmonte e conquista lo scrigno giusto con un trucco.
Così, il romanticismo etereo dei giovani innamorati è già 'inquinato' da sentimenti più meschini, se – nella fuga d'amore – il calcolo economico risulta necessario al conseguimento della felicità.
Così, nella grande, teatralissima scena del processo – dove il mondo reale e quello mitico diventano insieme 'palcoscenico' e ognuno dovrà recitare fino in fondo il suo ruolo – Shylock, per quanto ostinato nella sua subdola ferocia, può apparire vittima di un un giudizio troppo severo e impietoso, mentre Porzia si svela grande mistificatrice e arbitra capricciosa di destini che accorda vittorie, sconfitte, punizioni e perdoni non soltanto al 'nemico' ma anche agli 'amici', in una vicenda che dal principio procede tra illusioni, beffe ed inganni reciproci, sul filo tra burla e tragedia.
Quel mondo equilibrato, chiaramente diviso in buoni e malvagi, colpevoli e innocenti, eletti e reietti, mostra le sue crepe e si rivela fragile, precario, relativo, come la condizione umana stessa.
Si pensa di aver compreso ma ci si accorge che la verità può essere un'altra.
Diventa dunque chiaro perché Shakespeare apra la sua opera con la meravigliosa battuta di Antonio «... questa malinconia mi confonde... e non so più chi sono»: allora come oggi, ci sfugge la radice più profonda della pienezza e del benessere, distratti come siamo a preoccuparci di una sopravvivenza che vorremmo eterna, e ci troviamo a combattere con gli inferni di guerra, sopraffazione e vuoto che noi stessi abbiamo creato.
Solo rinunciando alla tentazione di fermare la vita con l'acquisizione di labili certezze, si riesce ad abbracciare il senso profondo dell'opera: una grande tenerezza per la feroce ma anche disarmata lotta per l'esistenza che accomuna tutti, questa sì, al di là di ogni razza, censo o dote di natura, e dunque la profonda necessità della tolleranza e del rispetto reciproci che pure tutti i personaggi della vicenda sembrano ostinatamente voler rifiutare.
Non a caso, però, Shakespeare suggerisce anche «... ascolta la musica»... forse, quando la fiducia nel nostro agire non è più così salda, quando le domande si fanno pressanti e la malinconia ci spinge ad interrogarci sull'essere, può essere l'arte – se la si sappia ascoltare – ad offrirci un altro sguardo, più consapevole e più puro...