al violino e al pianoforte Dimitri Sillato
luci Loredana Oddone - drammaturgia del suono e registrazioni Raffaele
Bassetti - maschera di Stefano Perocco di Meduna - aiuto
all'allestimento Nicoletta Fabbri - foto Andrea Macchia
grazie a Davide Reviati e al suo libro 'Sputa tre volte', a Isabel
Fonseca e al suo libro ‘Seppellitemi in piedi’, e a tutti coloro che
hanno studiato vita e opere di Bronislawa Wajs, detta Bambola
grazie al Teatro Comunale di Russi
grazie al Teatro Comunale di Russi
Le belle bandiere in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi
debutto: 20 giugno 2017, Fonderie Teatrali Limone, Moncalieri (TO)
___
La voce che guida questo primo coro di
storie e personaggi è ispirata alla figura di Bronislawa Wajs detta
Bambola, una poetessa e cantante di etnia rom di origine polacca (per
quanto imprecise siano le definizioni) che ereditò dalla madre il
talento e la capacità di elaborare i canti e le favole tramandati
oralmente fino a renderli storie e poesie nuove e originali. Il suo
soprannome si diffonde tra tutte le tribù. Fin da bambina partecipa
alle veglie e alle feste notturne per ascoltare e memorizzare il
repertorio zingaro, come un registratore vivente sempre acceso. Il
suo talento viene vissuto come un dono per tutti. Le favole
tramandate dal passato diventano, attraverso la trasformazione di
Bambola, arte viva del presente, alla quale si aggiungono le sue
storie originali. Questa artista, perfettamente integrata nella sua
comunità e ad essa molto legata, viene convinta da uno scrittore e
studioso a mettere su carta la sua ricchezza di memoria, ad esibirsi
nei teatri, ad essere registrata e pubblicata. Questo atto di
rispetto e di omaggio verso una cultura spesso ignorata e
sottovalutata viene letto da tutte le comunità prima con orgoglio -
quando i teatri si riempiono per acclamare - e poi come un tradimento
- quando Bambola, dopo essere stata gradualmente sottratta alla sua
nomade quotidianità, viene usata dal potere politico come simbolo
della necessità di integrare, snaturandole, le comunità cosiddette
‘zingare’, trasferendole in artificiali campi stanziali dove le
condizioni di vita sono spesso inaccettabili. Bambola rimane sola e
sospesa tra due mondi e due culture, entrambi irriducibili e
prepotenti. Non appartiene più a niente e a nessuno, punita da
opposti conformismi per il suo desiderio di essere semplicemente e
profondamente cittadina del mondo. Trova uno degli ultimi rifugi
proprio in Italia.
Ho conosciuto questa figura attraverso
lo splendido lavoro di Davide Reviati, al quale però non ho attinto
in alcun modo se non per le involontarie suggestioni che ispirano le
opere importanti.