drammaturgia, regia e interpretazione Elena Bucci
luci Loredana Oddone con il contributo di Max Mugnai - drammaturgia del suono, interventi elettronici e registrazioni Raffaele Bassetti - costumi Nomadea - assistente all’allestimento Nicoletta Fabbri, con l’aiuto di Federico Paino - foto iAnt, Marco Ghidelli, Claudia Verroca
produzione ERT Teatro Nazionale, in collaborazione con Le belle bandiere, con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi
si ringraziano Comune di Bologna, Teatro Comunale Laura Betti di Casalecchio e Teatro Comunale di Russi, Cineteca di Bologna, Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna e Fondo Laura Betti per il prezioso lavoro di ricerca e documentazione e per la possibilità di consultare i materiali, Gabriele Trombetti per la gentile concessione di materiale fotografico, video e interviste e tutti coloro che hanno voluto raccontarmi di lei
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Mi ha sempre incuriosito Laura Betti, con la sua aria da bimba tremenda, ma da quando ho cominciato a studiarla davvero me ne sono invaghita: ho scoperto una figura poliedrica, cangiante, libera, vasta, piena di contraddizioni. Ho accumulato qualsiasi materiale video, audio, cartaceo, fotografico mi passasse accanto, le sue sorprendenti canzoni estorte ad illustri autori, registrazioni di interviste e spettacoli, spezzoni di film. Ho saccheggiato la sua onirica autobiografia tanto voluta da Pasolini, quella che porta come titolo Teta Veleta, due parole inventate proprio da lui bambino per significare “il senso dell'irraggiungibile, del carnale (…) qualcosa come un solletico, una seduzione, un'umiliazione.”
Scovo per caso, tra le bancarelle bolognesi di una fiera, il libraio antiquario che l’aiutò a ricostruire il tesoro di prime edizioni donate al Fondo Pasolini da lei creato. Lui ricorda che non aveva una sedia abbastanza grande per lei. Incontro il nipote. La inseguo a Bologna, a Roma.
Leggo i suoi scritti e quelli di chi l’ha conosciuta. Leggo e rileggo Pasolini, stupita ogni volta dalle sue profezie e dalle sue limpide visioni. Non si fatica a capire come potesse essere per lei, da lui chiamata Bimba, un amore e una ragione di vita, un punto fermo, un eterno viscerale confronto.
Tengo un diario e intono un dialogo immaginario, provo a conoscerla, a riconoscerla, la trovo, la perdo e la cerco ancora, pur sapendo che non la troverò mai. Perché mai dunque tanta entusiasmante fatica? Attraverso di lei studio la libertà e tutti i suoi rischi, cerco la lingua del teatro e dell’arte di un’epoca esplosiva, ricca di genialità, visioni e contrasti. Pur essendo ieri, pare lontanissima. Voglio ricordarla e desiderarla, nel grigio spaventato del presente.