Cesco con la sua camminata elegante e spavalda, Cesco che si muove come un ragazzo, con gli occhi vivaci che non smettono mai di ridere, Cesco alla Scuola di Teatro di Bologna che si arrabbia perché non capiamo quanto sia semplice fare il teatro vivo che lui chiede, basta essere veri no? Cesco immobile e in silenzio, tutto raccolto in sé, che guarda le nostre prove come fossero l’evento più importante dell’universo, che arriva in un Circolo Arci sperduto in un minuscolo paese di Romagna soltanto per incontrarci e ridere come un pazzo di una nostra versione della Domanda di matrimonio di Cechov dove portiamo barbe, baffi e capelli finti che volano da ogni parte, siete tutti zingari e streghe qui, capisci?, dice, Cesco capace di creare magie con il nulla, di rendere grandi gli attori facendo brillare come diamanti tutti i loro talenti, anche se loro non ci capiscono niente, Cesco cosmopolita che sceglie di vivere nella sua terra per amore e per amore della libertà, Cesco anarchico, Cesco imprevedibile, Cesco che guarda un film al giorno, Cesco con noi a cena nelle frasche e nelle trattorie intorno a Gorizia, Cesco più avvincente del teatro, del cinema, di un libro, Cesco spettacolo continuo regalato dal talento e dall’intelligenza temperati da rigore e umanità, Cesco instancabile, indomabile, inafferrabile, Cesco senza il quale saprei di certo molto meno del teatro, ma anche della vita.